C’è sempre più bisogno di associazionismo di promozione sociale, c’è sempre più bisogno di un associazionismo sportivo, culturale, ricreativo di prossimità che sappia essere vicino alle persone e costruire relazioni positive, che costruisca a livello locale reti di collaborazione e sostegno tra i diversi soggetti – pubblici, di terzo settore e privati – per offrire a tutti ma ancor più a chi si trova in povertà economica ed educativa strumenti e occasioni di ricostruzione della fiducia e di senso della propria dignità.
E’ questa una delle priorità di AICS e il filo rosso che ha accompagnato la nostra progettazione con le associazioni.
Così sarà anche per il nuovo progetto “Sport, Arte e natura nei presidi diffusi di comunità di AICS” sostenuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore e finanziato attraverso il bando Regionale n.6 del 2022 per interventi di accompagnamento e di inclusione a favore dei giovani Neet (fascia 15-29 anni).
Se gli obiettivi del progetto sono l’uscita dalla condizione di disagio in cui si trovano i giovani dai 15 ai 29 anni attraverso azioni di formazione, scambio di saperi, azioni dirette, laboratori, attività sportive, culturali, ambientalistiche, orientamento al lavoro e tirocini in una tridimensionalità di interventi tra organizzazioni e operatori, scuola e giovani destinatari.
Allora nel percorso di formazione rivolta agli operatori delle associazioni e delle Istituzioni partner curato dalla siciliana Fondazione di Prossimità Èbbene (nostra partner di progetto) nella definizione dei beneficiari e il contesto operativo non ci si poteva esimere da una lettura del rapporto 2022 della Caritas su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”. Rapporto che ci ha restituito la preoccupante situazione italiana nella quale secondo sono oltre 5,6 milioni le persone che in Italia vivono in condizione di povertà assoluta. Si tratta di quasi il 10% della popolazione complessiva e il dato, in crescita negli ultimi anni, diviene ancora più preoccupante quando constatiamo non è più la fascia di popolazione anziana degli over 65 (come era dato tradizionale) quella maggiormente colpita scesa al 5% ma sono i quasi 2 milioni di famiglie e tra questi il 14,2 % sono minori , 11,5% i giovani 18/34 anni.
Tra gli “anelli deboli” di questa nuove povertà, perché non ne esiste una sola, ci sono i giovani colpiti da molte forme di povertà, da quella ereditaria, che si trasmette da padre a figlio e dove i figli oggi hanno meno speranze e risorse dei loro genitori, a quella educativa che vede solo l’8% dei giovani con genitori senza formazione scolastica ottenere un diploma universitario. E ci sono poi i nuovi poveri, dovuti agli effetti della pandemia e degli eventi degli ultimi anni in aumento del 7,7% o quelli al limite, che oscillano tra il dentro e fuori e ai quali basta un evento straordinario come una spesa imprevista o un problema di salute per cadere nella voragine.
Se il dato è drammatico al sud anche al nord non stiamo molto meglio e si consolida la correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di formazione e sono quasi sei su dieci le persone che vivono in una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine e occorrono almeno cinque generazioni per sperare per chi nasce in una famiglia povera di raggiungere un livello medio di reddito. Una condizione di povertà economica nei più giovani è quindi anche condizione di povertà educativa difficoltà di accesso all’istruzione e al lavoro, fragilità, esclusione dalle occasioni di partecipazione ad attività di socializzazione, sportive e culturali.
Non è un caso che molti siano stati gli allarmi in questi mesi sulla dispersione scolastica e sul calo drastico della partecipazione di adolescenti e giovani alle attività sportive di cui si sono perse le tracce e che sembrano essere entrati in uno spazio-tempo vuoto.
C’è quindi un un’emergenza giovani e in particolare cresce il numero di quelli definiti Neet (Not in Education, Employment or Training) cioè quella fascia di giovani tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.
Che il dato sia in costante peggioramento ci segnala come sia necessario un approccio diverso e trasversale rispetto a quanto si è fatto finora. Siamo di fronte ad un fenomeno complesso che richiede da parte degli adulti e degli operatori di terzo settore un’azione individualizzata, attenzione, vicinanza, comprensione ed empatia.
Lo sguardo verso il ragazzo deve essere ampio, multidimensionale e senza giudizio e vanno introdotte differenti e specifiche professionalità che lavorano insieme ad un progetto comune e che costruisca un approccio di prossimità quale relazione circolare che attiva un welfare generativo di partecipazione e relazioni di fiducia.
Un’azione attraverso progetti di prossimità intesa come una relazione circolare che riesce ad attivare un welfare generativo che realizza partecipazione e relazioni di fiducia, che rompa quell’asse ereditario che porta ad una a dimensione psicologica di bassa autostima, sfiducia, mancanza di speranza e progettualità conseguenza di un vissuto esposto alle povertà e al disagio.
Uno sguardo sulle fragilità dei giovani per dare loro non solo risposte a bisogni ma dare anche spazi a desideri e occasioni affinché quello spazio ‘vuoto’ di non lavoro e non studio non sia vuoto di desideri e opportunità e possa invece essere tempo ’fuori dal tempo’ per se, per crescere, ascoltarsi, consolidarsi, pianificare il proprio futuro e riprendere il proprio cammino e interrompere la catena ereditaria negativa.
Ezio Dema
Presidente AICS Torino APS